storia e memoria
4. Gli ospedali, la peste e le guerre
a cura di Fabio Mariotti
Nel Quattrocento troviamo in Fratta sette ospedali. Appartengono a chiese o confraternite e sono tutti di piccole dimensioni, due o tre ambienti in modeste case, spesso incorporati alle chiese stesse. Di solito vi prestano la loro opera i padri Agostiniani, uno o due frati. Qui vengono ricoverati i malati poveri del paese e i viaggiatori che hanno bisogno di cure durante il passaggio a Fratta.
Sant'Antonio
Sant'Antonio si trovava in Castel Nuovo, in fondo alla Piaggiola. Ne abbiamo notizia nel 1400 e nel 1404. Nel 1411 si unì all'ospedale di Santa Maria Nuova, sito anch'esso in Castel Nuovo. Aveva alcuni beni, due appezzamenti di terreno lavorativo in Villa Galera (Monte Acuto), ai vocaboli Vignale e Fossato e possedeva anche una terra al vocabolo Seripole, al confine col torrente Reggia.
Santa Maria
Situato anch'esso in fondo alla Piaggiola, era legalmente "unito" alla chiesa di "Pieve di Santa Maria di Castel Nuovo", almeno fin dall'anno 1397. Confinava da un lato con "le cose della chiesa" (un orto: ) e dall'altro con il "foveo" della Comunità, il fossato lungo le mura castellane (zona palazzo Baglioni).
Santa Maria e Sant'Antonio
Si fondono nel 1411. Nel 1423 decidono di iscrivere le loro proprietà al catasto di Perugia. La registrazione viene fatta da Giovanni Corbelli di Fratta, rettore e governatore degli ospedali, tramite un suo procuratore, Francesco di Simone. Possiedono una casa nel Borgo Superiore di Castel Nuovo e quattro appezzamenti di terreno nel comune di Montone, al vocabolo Buschi.
Santa Croce
E' situato nel Borgo Inferiore, nell'odierna via Soli. Risale alla prima metà del Trecento. Appartiene all'omonima confraternita che ha una quarantina di proprietà immobiliari. E' così grande il numero dei beni, che mette in difficoltà anche l'ufficio del catasto di Perugia allorché Bartolomeo di ser Nicola, procuratore della confraternita, si reca a registrarne alcuni. L’ufficiale del catasto si vede costretto a riportare l'elenco in un nuovo libro, appositamente iniziato, in quanto nel foglio riferito alla confraternita non c'era più posto.
Fraternita del Corpo di Cristo o del Buon Gesù
Era anche questo nel Borgo Inferiore, aderente al lato sud della chiesa di San Bernardino, non ancora costruita all'inizio del secolo. Ne abbiamo notizia nel 1448 quando, il 15 aprile, i frati di San Francesco cedono una loro casa vicina al chiostro del convento ai Disciplinati della Fraternita di Cristo. Fra le clausole, i compratori sono obbligati a "edificare un ospedale per i poveri di Cristo". Nel 1477 l'ospedale riceve un lascito di 5 fiorini per acquistare dei letti.
San Giovanni
Entro le mura castellane, nel Terziere di Porta Nuova, a confine della chiesa di San Giovanni (odierna via Mancini).
Il 4 giugno 1455 il vescovo di Gubbio, Antonio Severi, tratta con la comunità di Fratta la cessione di un rimbocco posto fra la chiesa di San Giovanni e la casa dell'ospedale. Le sei persone nominate dal Comune per trattare la questione cedono tale pezzo di via al Vescovado a patto che serva "per i poveri dell'ospedale" e che nel termine dei sei anni il lavoro di ampliamento sia compiuto. Si trattava quindi di unire, con una nuova costruzione, la casa dell'ospedale alla chiesa di San Giovanni, in modo da ingrandire l'ospedale.
Sant'Erasmo
Si trovava nel Borgo Superiore, nella zona centrale detta il "Mercatale", aderente alla chiesa omonima. L’edificio è tuttora visibile nella sua interezza, anche se adibito ad abitazione. Era tenuto dai frati di Sant'Agostino, che facevano da infermieri. Aveva dei terreni in proprietà ed era il più grande ospedale di Fratta.
I medici
Nel Quattrocento, in Fratta esiste la figura del medico generico, detto "fisico" e quella del chirurgo, il "cerusico". Uno di questi svolgeva la funzione di medico "condotto", assunto dalla comunità che ne stabiliva diritti e doveri in un contratto notarile dal quale risultavano i casi nei quali poteva farsi pagare dai clienti e le visite ai molti poveri che doveva effettuare gratuitamente. Nell'eventualità in cui il medico aveva a che fare con una malattia molto grave o allora sconosciuta, poteva ricorrere alla clausola "pro corpore mortuo": per contratto non si assumeva responsabilità se l'ammalato moriva. In altri casi prospettava alla famiglia del malato (pagante) due somme alternative: se il congiunto guariva, avrebbe avuto la somma maggiore; se invece la cura non aveva effetto e il paziente passava a miglior vita, si sarebbe accontentato della somma minore.
In questo secolo lavorano in Fratta soltanto medici ebrei. Uno di questi, maestro Manuele da Monticolo (Bolzano), operò in Fratta dal 1447. Negli anni 1484 e 1485 opera un altro "fisico" ebreo, Manuele da Pavia. Nel 1485 arriva l'israelita Emanuele di Angelo, da Padova, che abitava a Perugia. Forse ci si chiederà come mai le comunità assumessero medici ebrei. Perchè venivano pagati la metà di un medico cristiano. Il salario infatti era di 25 fiorini l’anno per un ebreo, 50 o 60 per un cristiano. Era la conseguenza dell'ostracismo dello Stato Romano verso gli ebrei e non delle differenti capacità professionali dei medici. Gli ebrei valevano come i cristiani, quando non erano addirittura più abili e più preparati.
La peste
La peste, presente di continuo a brevi intervalli, era la peggiore malattia che potesse capitare in questo secolo. Abbiamo poche notizie relative al nostro paese, ma siccome il contagio colpiva vaste zone, quando l'epidemia si manifestava a Città di Castello e a Perugia, sicuramente Fratta non ne era immune. Nel 1438, ad esempio, un farmacista di Fratta scrive un elenco di medicamenti da usarsi contro la peste, tra i quali, principalmente, 1'aceto.
Nel 1400 la peste colpisce l'Italia centrale, soprattutto la Toscana. A Perugia e nel contado morirono 35mila (!) persone e migliaia di decessi si contarono anche a Città di Castello. Stando così le cose, pure a Fratta ci saranno stati molti contagi e conseguentemente parecchie vittime.
Nel 1411 e nel 1417 la peste imperversa di nuovo. Nell'ultimo anno colpisce particolarmente Anghiari. Nel 1429 tornò a Perugia e in tutto il suo territorio, Fratta compresa. A seguito di questo la Magistratura perugina ordinò per la prima volta di controllare la salubrità delle carni in vendita nelle "beccherie". Nel 1435 scoppiò l'epidemia a Città di Castello, da marzo a novembre, ed alla fine perirono mille tifernati.
Nel 1438 peste a Fratta, dove il nostro bravo farmacista descrive i rimedi che secondo lui avrebbero evitato la malattia. Un'altra ondata di contagio arrivò dieci anni più tardi e nel 1463 il morbo colpì ancora duramente Città di Castello.
L’anno dopo la peste invase tutto il territorio di Perugia e il 14 settembre 1464 a Montone il Consiglio decide di "ricorrere ai santi del Paradiso per esserne liberati". Sei anni dopo, però, il feudo di Braccio Fortebracci sarà di nuovo sotto il contagio.
Dal 1467 al 1476 1a peste torna ad intervalli regolari nell'intero Perugino.
Nel 1478 abbiamo la notizia della peste a Fratta. Città di Castello non ne fu immune e contò cinquecento morti. L’anno successivo, a ottobre, ricominciò la pestilenza. Colpì in particolare Gubbio e Perugia. Durò tre anni e nella sola città di Sant'Ubaldo morirono quattromila persone.
Nel luglio del 1468 scoppiò ancora a Perugia. Qui dimorava Pico della Mirandola che fu costretto ad abbandonare la città e a rifugiarsi a Fratta dove, in quel il momento, il morbo non si era manifestato.
Questa tremenda epidemia tormentò la nostra zona e l'Italia intera ancora per molti secoli, senza che alcuna cura potesse aiutare le popolazioni.
L’aceto ed altre sostanze di sapore aspro, considerate i rimedi più efficaci (anche in un grande trattato del 1610 presente nella biblioteca Vaticana), con i quali si lavavano gli abiti, i cibi e ci si cospargeva il corpo, servivano solo, purtroppo, a rendere ancor più dura la vita del tempo.
Le guerre
Ladislao, re di Napoli, sconvolgeva i territori dell'Italia centrale, intenzionato a conquistarne buona parte. II 25 giugno 1408 entra in Perugia. I Fiorentini ed il Papa tentano di contrastarlo con ogni mezzo e i Toscani chiamano Lodovico d'Angiò (incoronato re di Napoli dal Papa) per contrapporlo a Ladislao. Lodovico entrò negli stati della Chiesa con Malatesta da Pesaro, Angiolo della Pergola e Braccio Fortebracci. Quest'ultimo, prima di unirsi al d'Angiò, si era portato a Città di Castello e nei pressi di Fratta aveva sconfitto Giulio Cesare da Capua, capitano del re Ladislao, forte di duemila cavalieri. Nel 1411 Braccio Fortebracci tornò in Umbria, sorprese Montone e Fratta seminando distruzione e spavento, si diresse poi verso Perugia, che conquistò nel 1416, due anni dopo la morte di Ladislao. Scomparso Martino V nel 1431, Niccolò Fortebracci, nipote di Braccio, giunse a Città di Castello e in pochi giorni s'impadronì di gran parte dell'alta valle del Tevere. I perugini tentarono con ogni mezzo di dissuaderlo, ma alla fine tutto risultò vano. Più efficace si rivelò l'annuncio dell'arrivo di un esercito inviato dai Fiorentini ed altri alleati, tra i quali i conti di Montefeltro: oltre quattromila cavalli e molti fanti stavano dirigendosi verso il territorio tifernate, ma Niccolò Fortebracci non ne attese l'arrivo ritirando le forze a Montone, dove provvide a organizzare la difesa. E quando il 18 luglio 1431 seppe che i Fiorentini erano rientrati in Toscana, uscì da Montone, piombò sui castelli vicini conquistandoli. Il 12 agosto giunse alla Fratta Niccolò Piccinino con centocinquanta cavalli, diretto in Romagna; l'anno seguente arriveranno tremila fanti e cavalieri al comando di Francesco Sforza, in lotta con Niccolò Fortebracci, e notevoli danni provocheranno agli abitanti. Successivamente si aggiungeranno i soldati di Francesco Piccinino e dell'arcivescovo di Napoli governatore di Perugia, i quali, in contrasto tra loro, transiteranno per il territorio di Fratta e apporteranno lutti e violenze.
Fratta vide giungere nel suo territorio, nel 1475, una gran moltitudine di persone per una sommossa scoppiata nel territorio tifernate. Nel 1479 si riaccese violenta la lotta tra Perugia e Fiorentini ed il nostro territorio subì ingenti danni. Molti castelli vennero distrutti, gli abitanti crudelmente uccisi. Capitano dell'esercito fiorentino era Niccolò Vitelli, scomunicato dal Papa.
Dal 1488, alle lotte tra popolani (raspanti) e nobili (beccherini) a Perugia se ne aggiunsero altre, coinvolte le famiglie Baglioni e Degli Oddi, con disastrose conseguenze per tutti. I Degli Oddi furono cacciati, ma tentarono di procurarsi alleati e soldati, specialmente nel Ducato di Urbino, per rientrare in città. La venuta in Italia di Carlo VIII e la politica del Papa offrirono loro l'occasione per tentare di recuperare Perugia. I luoghi di rifugio dei fuorusciti erano tre: il territorio dei duchi di Urbino, parenti di alcuni Papi, di Siena e Fratta, dove volsero inizialmente le armi i Baglioni, informati che in questa zona avevano trovato asilo i Degli Oddi. Era l’anno 1495: all'abbazia di San Salvatore di Monte Acuto (Montecorona) giunsero Guido ed Astorre Baglioni con mille fanti e duecento cavalli; si riorganizzarono in fretta, andando a piazzare le artiglierie nei pressi della chiesetta di San Pietro di Romeggio.
Ai primi colpi, gli uomini del Baglioni si resero conto che i proietti facevano più danno alle case che alle mura di Fratta, essendo queste a terrapieno. D'altra parte numerose erano le sortite degli assediati che quotidianamente riuscivano a ricevere aiuti da Assisi, Urbino, Matelica, Siena, Foligno e da altre terre amiche. I Folignati, intanto, si erano fatti promotori della formazione di un esercito che, verso la fine di agosto, al comando di Niccolò e Sforza Degli Oddi, si stava dirigendo alla Fratta. I Baglioni, conosciuta l'iniziativa, abbandonarono l'assedio di Fratta e ritornarono a Perugia, inseguiti dai nemici fino a Corciano. La battaglia fu combattuta il 4 settembre 1495 con vittoria dei Baglioni. Fratta, una settimana dopo, temendo rappresaglie per aver dato ospitalità ai Degli Oddi, tornò a sottomettersi ai Perugini.
Disegni di Adriano Bottaccioli. Foto di Fabio Mariotti
Fonti:
Calendario di Umbertide 2004 – Ed. Comune di Umbertide – 2004
Renato Codovini: Storia di Umbertide - Il Secolo XV. Dattiloscritto inedito, 1992
A. Guerrini: Storia della terra di Fratta ora Umbertide dalle sue origini fino all'anno 1845 - Tipografia Tiberina, Umbertide, 1883
imane 1